Come vengono gestiti i crediti deteriorati
È dei giorni scorsi il quarto rapporto della Commissione Europea sulla quantità di Non Performing Loans presenti all’interno dei vari sistemi bancari dei paesi dell’Unione. Per l’Italia il dato è in miglioramento. Rispetto al primo trimestre del 2017, nei primi tre mesi del 2018 la quantità di NPLs che le banche non sono riusciti a farsi restituire rappresenta il 9,5% di tutti i prestiti concessi; il calo è del 2,6% rispetto alla rilevazione precedente (12,1%).
Il dato, di per sé confortante, pone ulteriormente l’attenzione sull’importanza e sul peso che i crediti deteriorati possono avere sul sistema bancario e che, a cascata, influiscono sulla possibilità da parte degli istituti di rispondere al fabbisogno delle aziende.
Ragionando in un’ottica di semplificazione, l’equazione è apparentemente molto semplice: concedere prestiti e non vederseli restituiti è un rischio con cui le banche fanno i conti ogni giorno. Se il rischio diminuisce perché aumenta la capacità delle aziende di restituire il prestito, allora la banca sarà disposta a concederne sempre più crediti.
Ma, ovviamente, il dato rilasciato dalla Commissione Europea nasconde una lettura più complessa.
L’analisi PwC
Dobbiamo fare una premessa, semplice ma necessaria. I Non Performing Loans (NPLs) sono i crediti deteriorati delle banche, ovvero dei prestiti la cui riscossione è considerata a rischio. Si tratta di esposizioni degli istituti di credito verso soggetti che, per diversi motivi, non sono in grado di ripagare nei tempi o negli importi previsti il proprio debito. La Banca d’Italia suddivide gli NPLs in:
- Sofferenze (Bad Loans)
- Inadempienze probabili (Utp)
- Esposizioni scadute e/o sconfinate (NPE)
Lo studio PwC sul mercato NPLs italiano ci offre una panoramica approfondita sulle modalità di dismissione dei crediti deteriorati nel sistema bancario nell’ultimo anno.
In linea generale, ragionando su un periodo di analisi più ampio, vediamo come il volume di crediti deteriorati accumulati dalle banche è in costante discesa negli ultimi 3 anni.
Tornando all’ultimo anno di rilevazione, invece, il confronto tra 2018 e 2017 ci dice che:
- La quota di NPE è diminuita da 264 a 222 miliardi di euro;
- Il valore delle sofferenze è passato da 165 a 130 miliardi di euro;
- La quota di Utp è passata da 94 a 86 miliardi di euro.
Al contempo, la capacità di copertura di sofferenze e Utp è aumentato – nell’ultimo anno – rispettivamente del 3,7% e del 4,6%. A favorire le capacità di copertura è l’applicazione del Principio contabile Ifrs9 che spinge sempre di più il sistema bancario verso maggiori cessioni e una migliore organizzazione dei processi di gestione del credito. A supportare la dismissione di crediti deteriorati è l’attività di cessioni di NPLs Multi-Originator, che apre il mercato a banche di dimensioni inferiori e che singolarmente non trovano l’interesse degli investitori.
Come le aziende gestisono i Non Performing Loans
Allontaniamoci per un attimo il discorso legato alle modalità di dismissione dei crediti deteriorati da parte del sistema bancario e puntiamo lo sguardo verso il rapporto azienda-cliente nella gestione del credito scaduto. In un precedente articolo avevamo già parlato di come l’adozione di una struttura di Credit Management e l’introduzione della figura del Credit Manager potessero aiutare l’azienda nell’analisi del rischio legato al portafoglio clienti, scongiurando problemi dovuti a ritardi nei pagamenti e sofferenze.
Inoltre, l’articolo evidenzia i KPI strategici per valutare correttamente i rischi legati al proprio portafoglio e i vantaggi di affidarsi all’outsourcing in termini di costi, flessibilità e qualità del livello di monitoraggio.
Qui, invece, avevamo analizzato i vantaggi legati alla risoluzione stragiudiziale in presenza di situazioni di insolvenza. Una strategia win-win, che da un lato educa il debitore al rispetto delle scadenze e dall’altro consente alle aziende di rientrare del credito in tempi più rapidi.
Il futuro della gestione dei Non Performing Loans
La progressiva strutturazione della gestione dei crediti deteriorati da parte delle banche e l’attività delle Autorità Regolamentari Europee dovrebbero facilitare il processo di dismissione di NPLs dalla “pancia” delle banche. Il trend degli ultimi anni, evidenziato dal rapporto della Commissione Europea e che trova conferma nello studio di PwC (secondo il quale nel 2019 assisteremo ad un volume record di cessioni, pari a quasi 70 miliardi di euro), vedrà il supporto sempre più centrale dei Regulators.
Secondo Pier Paolo Masenza, Financial Services Leader di Pwc, “Un ruolo decisivo sarà assunto dalle challenger banks e dai servicer. I primi combinando insieme capacità di ristrutturazione, capacità finanziarie e strategie di recupero flessibili, tecnologiche e specializzate, potranno configurarsi come i partner ideali delle banche tradizionali nei loro piani di deleverage. I secondi, invece, attraverso i loro consolidati modelli di business, economie di scala e la conversione in corso da un approccio massivo del credito su logiche di portafogli granulari ad uno “sartoriale” potrebbero diventare un partner esterno fondamentale per le banche tradizionali nel guidare i processi di ristrutturazione degli UtP di queste ultime“.
L’argomento NPLs è inoltre stato al centro del dibattito della Fiera del Credito 2019, l’osservatorio che riunisce tutti gli attori coinvolti nella gestione del credito e che si è svolto al Milano il 12 e il 13 giugno scorso.